L'Italia Mensile

IL CAPITALISMO

Maurizio Neri

Il capitalismo, smentendo le pretese dei suoi apologeti, non è stato in grado né di eliminare le diseguaglianze sociali né di soddisfare i bisogni sociali primari. E’ diventato anzi un flagello per larga parte dell’umanità.

La maggioranza degli esseri umani è infatti alle prese con la denutrizione, la fame, le epidemie, la mancanza di alloggi, l’analfabetismo, guerre e genocidi senza precedenti. Vive insomma in una barbarie senza sbocchi. Solo una minoranza privilegiata di esseri umani, concentrata nell’Occidente imperialista, può godere di un relativo benessere che si alimenta grazie al saccheggio colonialistico dei paesi più poveri.

Questo benessere nelle isole opulente è per altro solo materiale, consumistico, e procede a spese della qualità della vita del cittadino, che è sempre più triste e schizofrenica. Il meccanismo colonialista sta conducendo l’umanità sull’orlo del baratro, su un conflitto dalle conseguenze imprevedibili tra paesi ricchi e paesi depredati.
Mentre vige uno Stato d’assedio permanente su scala planetaria, nuove esplosive contraddizioni si affacciano all’orizzonte, tra cui quella tra il modello di sviluppo capitalistico e l’ecosistema. L’umanità, se vuole assicurarsi un futuro, deve farla finita col capitalismo e il colonialismo e lavorare per l’affermazione del Socialismo, Patriottico e Comunitarista.
Ma, c’è sempre un ma, i Marxisti devono farla finita con il determinismo e le aspettative escatologiche fuorvianti sulla crisi finale.
La tendenza scoperta da Marx alla caduta del saggio di profitto, cioè le difficoltà crescenti del capitale industriale a valorizzarsi, deve essere afferrata per quella che è una tendenza generale a cui la borghesia reagisce attivamente – in questo contrasto sta la molla che spiega l’incessante sviluppo delle forze produttive. La tesi per cui con l’imperialismo queste ultime non si sarebbero più sviluppate si è rivelata sbagliata.

Quando Lenin sottolineava il carattere parassitario e reazionario del capitalismo nell’era imperialista, intendeva che esso – a causa del monopolismo, del sopravvento della finanza, della rapina colonialistica delle nazioni arretrate, dell’intensificazione dello sfruttamento – nonostante avrebbe potuto continuare a sviluppare le forze produttive, avrebbe di converso cessato di promuovere il progresso complessivo dell’umanità. Questa tesi si è rivelata corretta ed è la sola che può spiegarci non solo la formidabile ondata di rivoluzioni nei paesi arretrati in questo secolo, ma lo stesso ’68, anche con i suoi lati negativi.
L’attuale globalizzazione, spogliata dei suoi panni mistificati, conferma e accentua che lo sviluppo capitalistico è colonialistico, ineguale, squilibrato, perverso, regressivo e destinato a produrre nuove e devastanti contraddizioni. Una nuova epoca di guerre sembra il castigo che l’umanità dovrà pagare per tenersi in seno il tumore capitalista.

Sicché solo quest’epoca potrà sfociare nella Rivoluzione e nel Socialismo!

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