L'Italia Mensile

Il fallimento delle sanzioni e la rinascita dell’economia russa.

di Fabio C. Maguire

L’ipocrisia e l’avidità dell’Occidente può essere tranquillamente colta anche dal suo approccio alle sanzioni imposte alla Russia.
L’Unione Europea aveva dichiarato poco dopo l’inizio dell’operazione speciale una guerra economica a Mosca, imponendo una serie di embarghi che avrebbero dovuto intaccare le capacità della Federazione Russa di sviluppare la sua economia e causare dunque un collasso generale del sistema che avrebbe avuto inevitabilmente ripercussioni anche sulla solidità sociale del paese.

Bruxelles, di comune accordo con Washington, ha proibito alla Russia di esportare le sue ricchezze nel vecchio continente, destinazione prioritaria dell’export russo.
L’Occidente contava poi sul sostegno del Sud Globale che, attraverso una vasta azione di propaganda, avrebbe interrotto le proprio relazioni con Mosca e si sarebbe precipitato ciecamente dalla parte del blocco NATO.
Mosca, differentemente dall’Europa, è riuscita però nel tempo a sviluppare una moltitudine di relazioni politiche e commerciali con un grande numero di paesi in forte crescita, che le ha permesso di poter reindirizzare le proprie rotte verso altre destinazioni anche molto più proficue da un punto di vista economico.

Inoltre, la NATO non è riuscita ad imporre la propria narrazione dei fatti ad un Sud Globale sempre più diffidente degli occidentali.
Attraverso questa vasta rete di rapporti, Mosca è riuscita a vincere le sanzioni imposte dall’Occidente e, paradossalmente, a rinvigorire e rinnovare il suo comparto economico.
Infatti, dopo mesi e mesi di estenuante propaganda anche i giornali italiani si sono dovuti arrendere alla realtà e ammettere, come chi prima di loro al di là delle Alpi, che le misure adottate da Washington e Bruxelles erano inutile e per assurdità dannose per l’Europa stessa.

Il Presidente Putin ha elaborato una lodevole politica economica che ha rafforzato gli investimenti interni e ampliato gli orizzonti commerciali della Federazione.
Record di esportazioni di gas si sono registrati con l’India e l’Arabia Saudita, dove gli incassi sono triplicati rispetto alle precedenti transazioni.
Con la Cina ne è nata una partnership strettissima in ambito commerciale, con le parti che hanno sottoscritto decine e decine di accordi per incentivare gli scambi bilaterali.

La produzione industriale, nel solo mese di ottobre, in Russia è aumentata del 5,3% rispetto allo stesso periodo nel 2022.
Complessivamente, nei primi dieci mesi del 2023 è aumentata del 3,5%.
Differentemente l’Europa ha assistito ad un vero e proprio tracollo economico dove ad esempio la Germania, la così detta locomotiva d’Europa, è entrata in un drastico periodo di recessione, costringendo molte aziende a chiudere per spostarsi altrove, come ad esempio la Michelin che ha chiuso la sua produzione in Germania.

Ma la parte interessante è sapere che i paesi europei non hanno mai smesso davvero di fare affari con la Russia, acquistando da terzi i prodotti precedentemente acquistati direttamente da Mosca.
The Telegraph presenta un quadro che dipinge perfettamente l’ipocrisia dell’Occidente.
L’Agenzia scrive, facendo riferimento ad Eurostat, che i paesi che hanno registrato un maggior numero di importazioni di GNL russo sono la Spagna, 5,21 miliardi di metri cubi, il Belgio, 3,14 miliardi di metri cubi, Francia, Ungheria, Estonia e Lituania.
Secondo Eurostat le esportazioni della Russia, per quel che concerne il gas, rappresentano circa il 20% dell’export mondiale di GNL.

In particolare, la Spagna ha registrato un record nelle sue importazioni di gas russo, sei volte superiore a quello del 2018.
A scriverlo è El Mundo, pubblicazione iberica, la quale afferma che gli Stati Uniti non potranno sostituire la Russia nel mercato spagnolo della fornitura di gas.
La Spagna rappresenta circa il 18% delle vendite totali russe, poco sopra il Belgio che invece si classifica ad un modesto 17% secondo le analisi della BBC.
Ma ancora più entusiasmante è la Germania che ha aumentato del 5.500% gli scambi commerciali con il Kirghizistan, ex paese dell’Unione Sovietica che continua ad intrattenere ottimi rapporti con la Russia.

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