L'Italia Mensile

Perù: continua la lotta del popolo contro gli usurpatori a stelle e strisce

di Fabio C. Maguire

La repressione colpisce il Perù.
Un nuovo provvedimento del governo peruviano ha decretato lo “stato di emergenza” in sette regioni nazionali.

Il Paese è stato teatro, in questi ultimi due mesi, di dure e sanguinose proteste.
Il popolo è insorto contro il golpe di Stato avvenuto lo scorso dicembre e che ha posto al capo del governo Dina Duarte.

Il presidente legittimo Castillo è stato arrestato, su mandato della corrotta e mafiosa magistratura peruviana, con l’accusa di “ribellione, complotto e abusi di potere”; condannato a 18 mesi di carcere PREVENTIVO, in risposta alle dure contestazioni che hanno animato il Perù, il presidente agì nel pieno rispetto dei suoi poteri e delle sue facoltà, non violando la Costituzione e chiedendo la chiusura del Congresso e le elezioni anticipate.

La verità celata è che il 7 dicembre il governo legittimo e democraticamente eletto dal popolo fu destituito; il giorno seguente venne instaurato, per volontà dell’ oligarchia capitalista peruviana e con il solito favoreggiamento dei padroni di Washington, un regime poliziesco e repressivo.

Il fatto che un lavoratore e un sindacalista rondero (ovvero di origini rurali) fosse divenuto presidente infastidì molti che tentarono sin da subito di sabotare la sua presidenza.

Il suo arresto provocò una reazione inaspettata e non prevista dai signori del capitale, ora costretti a dover rispondere alla grande mobilitazione nazionale dei lavoratori e degli studenti.
Infatti il popolo peruviano iniziò una dura serie di proteste che ben presto si allargarono in tutto il Paese.

Le organizzazioni sindacali e i movimenti studenteschi bandirono uno sciopero generale, sciopero rinnovato ultimamente per ulteriori 72 ore.
La risposta delle istituzioni fu la repressione e gran parte dell’esercito nazionale venne armato e mobilitato.

Le manifestazioni furono caratterizzate da sanguinarie e brutali aggressioni della polizia, che provò con ogni mezzo di bloccare le masse mobilitate.

Nella regione di Ayacucho, l’esercito prese il controllo della piazza centrale, Plaza de Armas, chiudendo tutte le strade e impedendo l’accesso al centro storico.
I soldati, armati di fucili, dovettero desistere di fronte alla marcia di migliaia e migliaia di lavoratori e studenti che riuscirono a sfilare per le strade, sfidando apertamente lo stato di emergenza e dando un chiaro e forte segnale al potere illegittimo di Lima.

Altre regioni hanno pagato un tasso molto alto di morti e feriti: 26 morti a Puno e 205 feriti a Juliaca; 6 morti ad Apurimac e 76 feriti e un deceduto a Cusco.

Nell’ultima manifestazione, nella regione di Aymaraes, un giovane è morto durante gli incedenti con la polizia, portando così a 59 il folle e ignobile numero di manifestanti morti dall’inizio degli scioperi.
In questi ultimi giorni il regime di Duarte ha prorogato lo stato di emergenza e ciò fornisce alle forze dell’ordine ulteriori poteri straordinari, potendo esercitare violenza gratuita sui cittadini ed effettuare arresti arbitrari.

Il popolo in lotta ha chiesto le dimissioni del governo e della “signora Duarte”, chiedendo delle elezioni immediate e l’istantanea scarcerazione del presidente Castillo.

Lo stesso Pedro Castillo, dal penitenziario di massima sicurezza di Barbadillo, ha “denunciato il massacro” che le forze di polizia stanno compiendo ai danni dei civili , e dei propri connazionali, con il pieno consenso e la totale approvazione del governo e di tutta la classe politica peruviana.
Castillo conclude che “come peruviano non riconosco questo governo genocida.
Non parlo come presidente, parlo come peruviano, questo governo dittatoriale non ci rappresenta.”

In questo contesto di deriva autoritaria, i mezzi di comunicazione e di stampa vengono monopolizzati e sottoposti ai desiderata degli usurpatori.
I media mainstream definiscono come “terroristi” e “criminali” i manifestanti, chiedendo che vengano concessi maggiori poteri ai dirigenti di polizia.

Il movimento popolare però continua la sua lotta, affermando come sia necessario costituire un coordinamento nazionale del dissenso, da gestire attraverso un’Assemblea rivoluzionaria degli operai e degli studenti.
La violenza di stato non impedirà al popolo di proseguire la sua marcia.

“El Pueblo unido jamás será vencido.”

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