L'Italia Mensile

Perché I 7 Punti Per L’Italia Libera?

Il Movimento di Resistenza ITALIA LIBERA ha stilato SETTE PUNTI, come faro guida della lotta politica.

Le nostre parole d’ordine sono Patria e Socialismo; L’UNITÀ DELLE FORZE MILITANTI PER L’UNITA’ DELLA LOTTA POPOLARE; Alleanza anti-globalista; Lotta di Liberazione; Resistenza al golpe globale del Great Reset; Il Popolo del dissenso contro la quarta rivoluzione industriale; La Pentecoste di Libertà contro il capitalismo 4.0.

I sette punti sono essenzialmente questi: PACE, SOVRANITÀ, LIBERTÀLAVORO, GIUSTIZIAPOPOLO, CULTURA e ISTRUZIONE.

Per l’alleanza anti-globalista, anti-capitalista, anti-neocolonialista:
 idee, valori e diritti imprescindibili per la resistenza al capitalismo neoliberista e al golpe globale del Great Reset.

Per la lotta di liberazione nazionale. Un inno alla mobilitazione e alla militanza per le libertà e l’autentica autodeterminazione dei popoli!

Scarica il documento in pdf qui: I SETTE PUNTI DI ITALIA LIBERA.

Oppure leggi di seguito.

1. PACE

No alla guerra e all’economia di guerra.

No all’invio di armi nei conflitti che il neo capitalismo globalista alimenta nel mondo per conservare l’egemonia atlantista unipolare e neo coloniale.                         

No alle sanzioni. Sì alla pace!

Popoli Sovrani e Libere Nazioni devono poter cooperare per il reciproco sviluppo e il giusto benessere, in armonia con i propri interessi, le rispettive vocazioni geopolitiche e nel rispetto vicendevole delle altrui culture e civiltà.

Il Nostro credo è cristiano, popolare, socialista, comunitario.

Siamo per la difesa dei principi e dei valori che emanano dal trinomio Fede-Nazione-Popolo.

Popolo e Nazione che, preesistendo, nel diritto naturale, allo Stato in ogni sua forma, hanno il diritto di esistere e di agire, reclamando libertà, indipendenza e autodeterminazione.

USCIRE DALLA NATO che sopravvive per alimentare guerre predatorie, cambiamenti di regime teleguidati, povertà e morte. L’uscita dalla NATO è indispensabile per garantire un futuro di pace all’Italia e al mondo.

Uscita che deve essere completa, senza ambiguità compromissorie, senza permanenza nell’alleanza “politica” pur non aderendo alla struttura militare dell’alleanza, mettendo così fine all’occupazione americana del territorio nazionale.

Si dovrà tornare all’esercito popolare di leva, che avrà a disposizione le ex basi militari americane, aumentando il numero degli effettivi e la disponibilità di armamenti per far fronte alle minacce (globaliste) esterne.

Occorrerà, inoltre, revocare ed annullare tutti i trattati firmati dall’Italia, costitutivi della forza EUROGENDFOR, la superpolizia europoide che gode dell’extraterritorialità e dell’impunità nei paesi nei quali opera.

Strategico sarà l’obbiettivo dell’immediato cambio di alleanze.

Intese militari, energetiche e commerciali dovranno essere realizzate con la Federazione Russa, con paesi europei non ostili alle rinnovate visioni europeistiche, con i paesi sudamericani, con Iran, Siria, Cina e altri paesi sovrani e anti-imperialisti.

Occorre ritornare a vedere il Mediterraneo come la culla della nostra nazione cercando di avere relazioni strette anche con i paesi del Nord Africa (Algeria ed Egitto su tutti) e con tutti i paesi africani, in uno scambio di rapporti alla pari (offrire le competenze, per contribuire allo sviluppo delle infrastrutture in loco, formando anche lavoratori specializzati locali, in cambio delle risorse).

SMANTELLARE L’OMS

Con la narrazione criminale e terroristica del Covid, l’Organizzazione Mondiale della Sanità è diventata strumentale al globalismo, la longa manus di un mostro chiamato Troika; la “tutela della salute”, fondata sulla paura, è una minaccia costante alla pace sociale ed ha rappresentato con le normative emergenziali un primo esperimento ingegneristico per il controllo delle coscienze e delle anime al quale altri – sempre fondati sulla paura già sperimentata e l’ emergenza permanente –  seguiranno senza che si strutturi una resistenza efficace.

L’agenda di Davos e il golpe globale del Great Reset richiederanno, quindi, capacità di resistenza e preparazione, organizzata e consapevole al contrattacco.

Il Capitalismo terapeutico è diventato il braccio armato della quarta rivoluzione industriale.

2. SOVRANITÀ

Fieri di essere italiani, per esercitare e garantire le nostre libertà e recitare il ruolo che ci spetta all’interno di un mondo oramai multipolare, dobbiamo riconquistare la nostra piena sovranità: monetaria, industriale, energetica, alimentare, militare, popolare.

Valore assoluto e prevalente va dato ai principi della nostra Costituzione, depurata da ogni recente “integrazione”, imprescindibili rispetto a qualsiasi forma di normativa proveniente dalla Ue e dalle varie agenzie legate al capitalismo finanziario globale.

L’Italia deve ritornare ad essere una potenza mondiale.

Il Nostro è un inequivocabile NO alle transizioni ecologiche e digitali dettate da Davos!

La produzione industriale e agricola, con il ritorno al lavoro della terra, va incentivata e sostenuta concretamente dallo Stato, le aziende di interesse nazionale dovranno far ritorno in Italia, così procedendo ad un’autentica rifondazione di quello che fu l’Iri per creare un’industria nazionale e socializzata.

Avviare un esteso programma di nazionalizzazioni, a partire da quelle della Banca d’Italia con la stampa della moneta non a debito, secondo i principi della moneta di popolo, e del sistema bancario nazionale, riavviando (e finanziando adeguatamente) le grandi concentrazioni industriali e produttive, in mani pubbliche, con progressiva sostituzione o integrazione della debole e fallimentare piccola e media industria, oggi allo sbando.

L’interesse nazionale del popolo italiano richiede una neutralità attiva e funzionale alla pace, in particolare nel Mediterraneo.

La globalizzazione e il liberismo, la competizione fondata su tutti contro tutti, hanno fallito: serve più Stato: forte contro i forti e a sostegno dei più deboli.

Serve programmazione, nazionalizzazione delle banche con controllo dei capitali, delle merci e delle persone per una buona e piena occupazione, affinché i lavoratori non siano merce ed anzi divengano controllori dei mezzi di produzione ed il lavoro non sia tortura ed usura.

La ricchezza prodotta va distribuita e goduta in maniera equa tra tutte le componenti dell’organismo produttivo nazionale.

USCITA DALL’EURO

e dalle attuali istituzioni unioniste, con il ritorno alla piena sovranità monetaria dello stato nazionale, in vista di una possibile (ma non necessaria e inevitabile), futura intesa amichevole fra gli Stati europei, ma su basi completamente diverse da quelle attuali. Si potrà forse pensare a una o più confederazioni europee “a maglie larghe” (con adesione volontaria dei popoli e degli Stati), per agevolare gli scambi fra i paesi del continente, per realizzare progetti comuni di varia natura (energetica, tecnologica, militare) o per difendersi dalle produzioni aggressive degli “emergenti”.

Evidente sarà il beneficio della riconquistata sovranità monetaria, in ogni aspetto della vita sociale e individuale. Si potrà ricorre alla tanto vituperata (dagli euroglobalisti) “svalutazione competitiva” della moneta nazionale e finanziare adeguatamente i deficit dello Stato, con funzione propulsiva per l’economia interna. A quel punto il famigerato pareggio di bilancio, introdotto nella Costituzione come vincolo ineludibile, non avrà più alcun senso e anzi sarà formalmente soppresso. Né avranno più un senso i castranti “parametri di Maastricht”, il 3% inviolabile nel rapporto deficit/ pil, il debito pubblico non oltre il 60% del pil, i tassi di interesse a lungo forzatamente convergenti fra i paesi membri (tutte regole castranti per l’economia e la socialità). Cesserà come per incanto la svendita forzata, oggi in pieno corso, del patrimonio dello Stato e delle aziende nazionali ai grandi capitali dominanti.

Precisiamo che la riconquista della sovranità monetaria non dovrà favorire la corporazione degli imprenditori privati e, in subordine, quella dei commercianti e bottegai a scapito del resto della società (come alcuni “a destra” vorrebbero), ma dovrà andare a braccetto con le grandi istanze di giustizia sociale, completamente disattese in questi ultimi anni di affermazione delle politiche neoliberiste.

Il sovranismo non è di destra e la giustizia sociale non è di sinistra (come si fa credere ai gonzi “identitari” delle due sponde), ma Popolare, Socialista e comunitario, e questi aspetti non sono contraddittori, ma possono coesistere e integrarsi positivamente in un unico programma politico-strategico, alternativo a quello neocapitalistico.

Un programma politico-strategico che si rispetti non può limitarsi alla moneta, all’economia, alla finanza, alle politiche industriali e sociali, ma deve riguardare gli aspetti geopolitici, militari e le alleanze internazionali. Se si rifiuta la moneta dell’Occidente neocapitalistico, che è uno strumento di dominazione delle élite globaliste, coerenza vuole che si rifiutino le sue alleanze militari, per un’effettiva indipendenza, offrendo alla nazione una prospettiva geopolitica completamente nuova.

Non devono esserci solo intese militari, ma si stipuleranno trattati, dal punto di vista economico, commerciale, energetico, sgraditi al campo globalista occidentale, ma utili all’Italia, come quello firmato a Bengasi con Gheddafi nel 2008 o il celebre Eni-Gazprom con i russi, centrato sulle reti Stream.

Ripristinare, come affermato in precedenza, gli ottimi rapporti con la Federazione Russa visto che la Russia è Europa al contrario del potere plutocratico anglosassone rappresentato da Regno Unito e Stati Uniti! Roma e Mosca, che insieme ad Atene sono fari e culle di Civiltà, possono edificare in armonia una nuova Europa di pace, fondata sui valori tradizionali comuni, il lavoro, l’autentica cooperazione.

– Tornare alla leva obbligatoria in vista di un Esercito Popolare.

– Nuova legge elettorale fondata sul proporzionale puro che restituisca vero potere decisionale al popolo! Democrazia diretta ed organica, espressione di ogni settore della società civile, del mondo del lavoro e del territorio, per un presidenzialismo che sia sintesi alta del solo interesse nazionale e popolare.

– Riconsiderazione dell’energia nucleare, ormai evoluta, per puntare decisamente all’autonomia energetica, coinvolgendo i cittadini nella decisione attraverso un libero Referendum dove devono essere esposte, senza condizionamenti da parte di gruppi economici, entrambe le opzioni: favorevole e contraria.

3. LIBERTÀ

Diritto inalienabile dell’uomo, dopo quello di venire al mondo – per noi è Vita quella che va dal concepimento alla morte naturale – è quello alle libertà fondamentali, dall’8 marzo 2020 violate come non mai.

No ad ogni obbligo vaccinale, no ad ogni forma di lasciapassare, di controllo sociale e di apartheid, su qualunque pseudo emergenza venga “fondato”.

Essendo i dominati più del 95% della popolazione mondiale, la guerra che le

élites hanno scagliato ai popoli è una guerra per la distruzione dell’uomo stesso in quanto creatura.

Mai più ricatti sul lavoro e sulla vita!

No ad un futuro da schiavi omologati, indotti ad amare le proprie, moderne catene.
Per garantire la libertà è necessario difendere la proprietà privata quale diritto naturale e incentivarne concretamente una più equa distribuzione: tutti proprietari vuol dire tutti uomini liberi, specie in quest’epoca che vede l’agenda di Davos attaccare con forza anche il concetto stesso di proprietà come nemmeno un certo marxismo ha osato fare.

Fermare ogni piano che imponga resilienza e transizioni ecologiche e digitali, nuovi cavalli di Troia del post umanesimo del Great Reset. Contro ogni dittatura e modalità di controllo sociale neo schiavista, che sia finanziaria, tecnocratica, ecologista o alimentare.

Serve una nuova idea di società e una nuova idea di economia e di rapporto con l’ambiente. Un’economia per la società e non una società per l’economia.

Le logiche schiaviste del capitalismo globale vanno spezzate, la lotta contro le élites dominanti deve riportare il popolo ad essere motore e artefice della propria Storia.

No al controllo sociale e alla tirannia della sorveglianza, contro ogni identità digitale, fermare la quarta rivoluzione industriale.

4. LAVORO

Il lavoro deve essere l’asse centrale dell’essere sociale, in tutte le diverse forme in cui concretamente si esplica nella economia reale e concorre alla creazione di valore nei processi produttivi ed organizzativi, d’impresa o autonomi, oltre che in tutte le sue differenti rappresentanze sociali ed articolazioni produttive. Sia il lavoro l’elemento strutturale di riferimento di un nuova aggregazione maggioritaria di interessi e di valori che identifichi un nuovo modello di sviluppo alternativo, in cui il rispetto del rapporto reale tra crescita della ricchezza sociale prodotta e crescita del reddito dei lavoratori e dei cittadini evolva da imprescindibile esigenza di giustizia sociale a fattore essenziale dello stesso equilibrio dei processi di crescita e  consolidamento di una economia che torni a valorizzare e incentivare gli autentici processi produttivi.

Un nuovo modello di sviluppo che consideri, quindi, la GIUSTIZIA SOCIALE quale elemento essenziale di qualificazione morale e civile dei parametri del sistema di vita associata e assuma, quale valore di riferimento la garanzia di uguali diritti ed opportunità per tutti, senza discriminazione alcuna: dal diritto all’istruzione all’assistenza sanitaria, ad un equo trattamento fiscale, dall’assistenza sociale in rapporto ai bisogni dei singoli, all’accesso alla cultura ed ai processi formativi diffusi, alla fruizione di tutti i diritti sociali connessi con una concezione sostanziale e autentica della Democrazia.

Prime complici della tirannia tecno-globalista sono le consorterie dei sindacati consociativi che, proprio per questa ragione, vanno soppressi.

Al loro posto, sulle basi di un’autentica cultura e civiltà del lavoro, strutturiamo collegi legali diffusi sul territorio che garantiscano a tutti assistenza gratuita come legittima difesa del diritto naturale al lavoro.

Senza lavoro non esistono né giustizia sociale né dignità, ecco perché l’art. 1 della Costituzione non deve restare solo un bell’incipit destinato a non essere realizzato; il diritto al lavoro ritrovi, dunque, il suo posto al centro della nostra civiltà. Ciò comporta il contrasto intransigente ad ogni forma di sfruttamento e il netto rifiuto di quelle logiche contro-natura che il capitalismo globalista ha imposto: precarietà, mobilità e flessibilità vanno assolutamente combattute. Questi modelli non rendono liberi, ma, al contrario, producono nuovi schiavi concentrati esclusivamente sulle proprie necessità individuali, atomi estranei ad ogni autentica funzione sociale e comunitaria.

Fondamentale è la piena attuazione dell’articolo 46 della Costituzione (diritto dei lavoratori a collaborare alla gestione delle aziende) sia per le imprese pubbliche che per le private medio-grandi. Il diritto alla cogestione delle aziende pone una base fondamentale per il ritorno ad un modello organico di società che, proprio nel lavoro così inteso, potrebbe trovare un modello virtuoso necessario alla ricostruzione di un tessuto sociale degno di questo nome.

Rinascita di strutture produttive solide, di grandi dimensioni, controllate da uno Stato sovrano, al fine di impedire fughe di capitali e know-how verso gli “emergenti” e parando efficacemente i probabili colpi di coda dei globalisti in ritirata. La ricomparsa in grande stile dell’”imprenditore pubblico” avrà effetti benefici sull’occupazione di massa (e sui redditi da lavoro), con in primis la riattivazione di interi settori produttivi in mani nazionali, oggi quasi scomparsi, delocalizzati o nelle mani dello “straniero” (non di altri popoli e nazioni, ma del grande capitale finanziario internazionalizzato). 

Riattivazione del Welfare State (lo stato sociale in via di definitiva demolizione) mantenimento e rafforzamento del reddito di cittadinanza, come ripartizione fra tutti i cittadini del reddito monetario proveniente da tutte le attività produttive oggetto dell’amministrazione dello Stato e separandolo dalle politiche del lavoro, dentro le logiche del cosiddetto deficit spending.

A questo autentico reddito di cittadinanza, possibile grazie alla proprietà popolare della moneta derivante dalla sovranità monetaria, va aggiunto un apposito reddito di maternità per la tutela della famiglia e dell’infanzia: 1.000 euro al mese per ogni figlio, da conferire alle madri, dal momento del concepimento alla fine del ciclo scolastico.

I sottoinsiemi delicati del problema sono rappresentati dalla sanità pubblica, dal sistema pensionistico e dall’edilizia popolare. Nel primo caso, quello della sanità, primo obiettivo è liberare la Medicina e la Salute dal dominio dell’Oms, delle case farmaceutiche e dal capitalismo terapeutico; si dovranno stabilire ampie aree di esenzione dal pagamento del famigerato “ticket” e il più ampio accesso gratuito ai medicinali e alle cure mediche, in modo che così il diritto alla salute non sarà più una ciancia propagandistica, né arma di tirannia sanitaria.

Nel secondo caso, quello del sistema pensionistico, si potrà tornare a prima delle controriforme degli anni novanta – Amato ‘92, Dini ‘95 e Prodi ’97, ecc… tutte “punitive” per gli anziani – riattivando pensioni lavorative e di anzianità decenti per tutti. Nel terzo caso, quello dell’edilizia popolare, lo Stato dovrà pianificare un grande piano di edilizia popolare e contrastare la speculazione edilizia nazionalizzando gli immobili e assegnando i numerosi immobili sfitti alle famiglie bisognose e/o numerose, in modo che venga garantito il diritto naturale alla casa a ciascun cittadino.

La ricomparsa in grande stile dell’“Imprenditore Pubblico” dovrà portare anche a massicce assunzioni di personale nella Pubblica Amministrazione, di insegnanti, bidelli, applicati di segreteria nelle scuole, medici, infermieri e portantini nella sanità, di tranvieri nei trasporti e spazzini nella nettezza urbana, risolvendo la grave carenza di personale in tali settori. La sanità, i trasporti, la nettezza urbana e la pubblica amministrazione rappresentano i cardini dello Stato sociale. Non solo in quanto servizi che generano benessere sociale e garantiscono l’uguaglianza tra tutti i cittadini, nel potersi curare, muovere o nel poter usufruire di un qualsiasi servizio pubblico, ma anche a livello occupazionale, perché il lavoro pubblico, unito a quello delle aziende statali, genera benessere sociale e un abbellimento culturale/ambientale. La stabilità e la sicurezza del lavoro danno il tempo per pensare ed essere cittadini appartenenti a una comunità organica e di destino e non atomi impegnati esclusivamente a sopravvivere.

5. GIUSTIZIA

Lo Stato profondo italiano si regge su un sistema malato, che ha nella magistratura lottizzata e politicizzata una delle sue colonne portanti.

La distruzione della migliore classe politica e delle migliori intelligenze rivoluzionarie del dopoguerra è stata possibile grazie a certi giudici, complici della grande finanza e funzionali al sistema vampiresco delle multinazionali e del capitalismo globale.

Il sistema giustizia va urgentemente e radicalmente riformato; separazione delle carriere, abolizione del CSM e dell’ANM e giurie popolari sono indispensabili, così come è indispensabile mettere in pratica la responsabilità civile e penale dei magistrati, istituendo allo scopo una apposita Corte composta non dagli stessi magistrati, ma da tecnici del diritto ed esperti costituzionalisti che non esercitino la professione di avvocati.

Il diritto romano e la dignità che il cristianesimo riconosce all’uomo creatura di Dio, tornino ad essere la nostra bussola.

Serve, inoltre, una riforma dell’esecuzione delle pene, che salvaguardi il popolo laborioso e la dignità di chi deve scontare una pena per poi essere reinserito nella società.

ABROGAZIONE DEL CARCERE – salvo che per reati gravissimi (pedofilia, stupro e affini) – così come lo conosciamo, essendo esclusivamente una forma di detenzione punitiva, troppo spesso anche in assenza/attesa di giusto processo, e sua sostituzione con pene alternative come gli arresti domiciliari, uniti ad un’attività lavorativa socialmente utile di vario genere, remunerata secondo contratto di lavoro di categoria. Sempre al fine di poter garantire un reale reinserimento nella società a chi ha sbagliato. Il perdono, e non la vendetta, deve essere il cardine di uno Stato civile e basato su principi cristiano-sociali.

6. POPOLO

Il popolo è insieme cuore e anima di una nazione. La coscienza di un popolo, la sua unità consapevole, fanno sì che esso e le sue lotte siano il motore della Storia. Ecco perché è necessario superare il ‘900, lo scontro destra-sinistra, i veleni delle ideologie che, da più di trecento anni ormai, ne hanno frantumato la consapevolezza e l’unione.

Va ricostruita l’unità di popolo, demolita dalle ideologie e dalle rivoluzioni borghesi; quell’unità che permetterà di condurre una vita sociale comunitaria, partecipando alle stesse feste, facendo impresa insieme e condividendo gioie e dolori.

Solo quando il popolo è unito ogni minaccia risulta vana.

Un fronte di liberazione nazionale, plurale, ma unito, deve essere il laboratorio di quella unità di popolo che vogliamo riedificare. Un popolo unito nella fede, nell’amor di patria, nella lotta per il lavoro può riconquistare libertà, diritti sociali e futuro.

La sintesi tra le tre culture, cristiana, patriottica e socialista, deve cementare il popolo, non più diviso, ma unito in una grande stagione di lotta di liberazione.

7. CULTURA E ISTRUZIONE

Il pensiero unico politicamente corretto opera da decenni per destrutturare la logica naturale, un tempo condivisa sia da Peppone che da don Camillo.

Senza l’azione devastante di questa ideologia contro natura, il moderno terrore del pensiero dominante non sarebbe stato possibile.

La sana formazione delle nuove generazioni, contro le follie del gender e le leggende nere costruite sulla Storia per indurre all’oblio della nostra civiltà, potrà garantirci un futuro di libertà nella consapevolezza.

Diventa, dunque, necessaria un’autentica rivoluzione culturale che rilanci la millenaria civiltà greco-romana e cristiana per riedificare il pensiero libero e forte contro il pensiero unico, nullo e debole.

Così come va affermata una filosofia comunitaria, vera risposta ai tempi che corrono.

Una cultura libera dal neocolonialismo liberale e liberista, che spezzi le catene del capitalismo e della speculazione, del materialismo e del consumo.

Per una cultura di popolo, attiva, partecipata, estranea e contraria agli schemi dell’oppressione globalista, che sia leva verso un ritorno al reale in grado di restituire umanità ai popoli schiacciati, anche culturalmente, sotto il tallone delle élites dominanti e il loro pensiero astratto e profondamente nichilista.

– L’Istruzione deve tornare ad essere classica, patriottica e comunitaria, non più una “caserma di indottrinamento”. Oggi la Scuola è diventata Ministero della Propaganda del pensiero unico dominante che, invece di formare giovani liberi, sani, educati, futuri lavoratori e cittadini, sforna maleducati, schiavi, ignoranti e disoccupati.

– Abolizione di tutte le riforme scolastiche degli ultimi 30 anni, a partire da quella Berlinguer, dell’autonomia scolastica, in modo che non ci siano più scuole di serie A e scuole di serie B,  e dell’odiosa Riforma Gelmini del 2008, che fece tagli draconiani sul personale scolastico, in particolar modo il personale ATA (bidelli e assistenti amministrativi), oltre che sulle cattedre.

– No al progetto dell’autonomia differenziata che avrebbe effetti devastanti sull’istruzione pubblica soprattutto a danno delle regioni del Sud.

– Abolire l’impostazione scolastica della formazione degli studenti come manodopera ubbidiente per le aziende, piuttosto, la scuola formi gli studenti come uomini e cittadini partecipi e consapevoli di essere appartenenti ad una comunità.

– No al Preside Manager. Il Preside, eletto tra gli insegnanti, deve tornare a essere animatore culturale e sociale e leader educativo deputato a favorire il rapporto tra famiglie, alunni e docenti.

– Creare un sistema di Stato sociale dove i genitori abbiano permessi illimitati per andare a prendere i figli della scuola materna ed elementare a scuola e garantire, quando richiesto, il doposcuola agli alunni, dove questi ultimi, gratuitamente, possano seguire i vari corsi (pianoforte, canto, disegno ecc.) e fare sport (calcio, pallavolo, scacchi, pallacanestro).

ITALIA LIBERA È RIVOLUZIONE IN CORSO

Italia Libera è il Movimento Popolare di Resistenza, che può datare la sua nascita l’8 marzo del 2020, quando l’Italia ed il mondo finirono sotto la tirannia del Golpe Globale del Great Reset.

Molti dei quadri e dei militanti di Italia Libera provengono da esperienze precedenti, chi dal mondo comunista/socialista, chi da quello comunitarista, chi da quello cattolico e nazional-popolare, ma gran parte del popolo del dissenso è composto da persone che mai avevano fatto politica, lottato o militato, prima della più grande offensiva globalista della storia dell’umanità.

Questo è un elemento caratterizzante che ci ha facilitato nelle analisi, nelle teorie e in quella che osiamo definire nuova sintesi di resistenza e liberazione nazionale.

Italia Libera è nata nel fronte della resistenza e si è forgiata nelle piazze e nelle mobilitazioni popolari; è rivoluzione in corso!

Italia Libera è davvero azione che precede il pensiero.

In ogni posto del mondo dove il popolo dei dominati si ribella ai dominanti: Fede, Patria e Socialismo combattono insieme.

In Italia, invece, il carattere cristiano è stato appaltato al Centro, quello patriottico ai fascisti e alle destre, quello socialista alle sinistre e ai comunisti. E tutti si sono fatti la guerra gli uni contro gli altri, rafforzando il regime.

Italia Libera ha capito, da quell’8 marzo del 2020, che strategie della tensione, opposti estremismi e violenza erano le armi con cui il sistema rafforzava il suo dominio. Le armi più efficaci dell’oppressore contro gli oppressi, degli sfruttatori contro gli sfruttati, del potere globalista contro i popoli.

Di fronte alla quarta rivoluzione industriale e al capitalismo 4.0, l’unica risposta era edificare anche in Italia un Movimento Popolare per una lotta di liberazione, dove cristiani, patrioti e socialisti, finalmente, si ritrovavano dietro la stessa barricata.

Il fine ultimo della nostra azione popolare e del nostro pensiero politico è l’abbattimento del neo Capitalismo, attraverso la nuova lotta di classe fra dominati e dominanti e le lotte patriottiche di liberazione contro il nuovo colonialismo.

La contrapposizione insanabile fra le élites e i popoli è un dato, quando le contraddizioni capitalistiche scoppieranno, sfoceranno in scontro frontale e totale, aprendo la possibilità storica del superamento dell’attuale sistema tramite una Rivoluzione sociale.

Nel frattempo, in Italia come nel resto del mondo, questa nuova tipologia di Partito Rivoluzionario deve strutturarsi, operando in mezzo a tutte le mobilitazioni a difesa delle autentiche libertà personali, collettive e nazionali e diventando avanguardia ed espressione dei dominati e del loro desiderio di resistenza.

D’altronde, l’Agenda di Davos 2020 – 2030, approvata anche al G20 di Bali, è un’offensiva del solito capitalismo, che ora punta all’offensiva definitiva contro patrie, popoli e comunità.

Il Great Reset è figlio della crisi finanziaria del 2008, non ancora conclusa in Europa, che ha imposto l’austerità permanente neoliberista a quei paesi dell’Unione europea, in particolare della sua componente mediterranea, che si sono trovati in mortali difficoltà, anche a causa dei trattati economici imposti da Bruxelles.

La “cura” dell’austerità è stata peggiore del male e milioni di europei hanno visto peggiorare notevolmente le proprie condizioni di vita, hanno perso il lavoro, per mai più recuperarlo in forma stabile, o la stessa prospettiva di un lavoro quale che sia. È in questo contesto che dai vecchi partiti di lotta popolare (patriottici, comunisti, cattolici e socialisti) sono nate nuove correnti, alleanze e fronti, anche influenzate dalle vittorie in America Latina, che hanno proposto un nuovo modello di lotta politica che riprendesse le bandiere del patriottismo e della sovranità nazionale, cosciente che i disastri dell’estremismo neoliberista possano essere contrastati soltanto con forti politiche statali che limitino lo strapotere dei capitali.

Dobbiamo impostare correttamente il nostro tavolo di lavoro politico,

Oggi ciò è facilitato da una nuova massa (che) critica, ha resistito all’apartheid del Green Pass, uomini e donne, fino a ieri “cittadini semplici”, trasformati dalla necessità di insorgere in combattenti per la libertà.

La battaglia che dobbiamo combattere si svolge all’interno della più grande e feroce offensiva globalista, capitalista e imperialista della storia dell’Umanità.

Noi siamo stati l’Arca che si è salvata da questo primo “grande diluvio” del capitalismo terapeutico e che dovrà affrontare la guerra neo-colonialista della Nato, a spese dell’Europa, la tirannia ecologista, la dittatura alimentare e l’oppressione dell’identità digitale e della nuova società del controllo e della sorveglianza, che ha nel post-umanesimo il suo traguardo, forse, finale.

Per bloccare la deriva del post-umanesimo è necessario costruire un programma cristiano, sociale e patriottico, articolato in obiettivi di fase concretamente perseguibili. Qui l’elaborazione concettuale deve accompagnarsi alla costruzione di alleanze politiche con soggetti collocati criticamente nei diversi partiti, nell’apparato dello Stato, nel mondo delle imprese e del sindacato, nei luoghi di maggiore conflitto sociale, nel grande e plurale fronte del dissenso al golpe globale del Great Reset.

Inserirsi in tutte le esperienze di conflitto che esprimano un netto dissenso verso la situazione generale e verso le politiche liberticide, repressive, guerrafondaie e di indebolimento delle condizioni dei lavoratori: essere prima linea nelle mobilitazioni contro il Great Reset e le guerre della Nato, essere nei conflitti generati dalle crisi industriali, lottando per la regolarizzazione dei precari. Essere la voce del dissenso nel contrasto tra banche e debitori, e così via.  

Dare anima e cuore al grande mondo della resistenza che oggi più che mai è plurale, mobilitante, ricettivo.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *