L'Italia Mensile

Memorie d’uno stillicidio criminale di “eventi avversi” nello sport

L’infame Governo Draghi oltre a colpire i lavoratori volle colpire senza riserve anche il mondo dello sport, e gli effetti nefasti di quelle sciagurate decisioni li notiamo già da mesi. Ci sono però atleti che a quel ricatto si sono opposti vincendo così la loro gara contro un intero “sistema”, ed è proprio a questi ragazzi che noi vogliamo oggi applaudire

Il fatto è recente, ed in questi giorni di feste e di atmosfere natalizie ti colpisce come un pugno nello stomaco, specie se si tratta di un giovane che decide di togliersi la vita dopo essere sprofondato nel buco nero d’una depressione causata dall’impossibilità di continuare a praticare il suo amato sport, tutto questo dopo essere stato colpito da una miocardite che, come ormai sappiamo tutti tranne quelli continuano a non voler vedere cosa gli accade realmente intorno nascondendosi dietro il filtro fasullo e distopico dei Tg di regime, è tra le principali nonché più comuni cause avverse dei sieri genici sperimentali anti-Covid.

Il fatto a cui mi riferisco è accaduto in Austria ed ha riguardato un giovane nuotatore di livello nazionale, ma questo non c’impedisce di essere emotivamente partecipi nell’ormai tragica quotidianità di morti improvvise sul genere, e che non risparmia neppure gli sportivi agonisti di primissimo livello come abbiamo già avuto modo di vedere soprattutto nel calcio e nel ciclismo.

Carriere d’indubbio successo che però si sono dovute improvvisamente interrompere per il sopravvenire d’una seria patologia, e va già bene se l’atleta colpito la può ancora raccontare…

Proprio nel calcio, e lo abbiamo visto in tutto il mondo, si è già abbondantemente palesato uno stillicidio continuo di decessi ed abbandoni di atleti, e se in Italia il fenomeno sembra ancora essere sotto controllo questo probabilmente lo si deve ad una normativa che vede il ns. paese tra i più accurati negli esami nonché tra i più severi nel rilascio delle idoneità agonistiche.

Un rigore che andava però riservato al riscontro delle effettive capacità atletiche dello sportivo, e non “integrato” da altri fattori che hanno poi obbligato migliaia e migliaia di ragazzi a sacrificarsi (perché di sacrificio si tratta) al “sacro vaccino” per poter proseguire nella disciplina in cui si allenano da anni, nella quale magari ambiscono ad un futuro da professionisti, ma che per tanti di loro è soprattutto motivo di integrazione, di riscatto sociale, di crescita personale.

Questi sono fattori esistenziali che sciagurati governanti ben conoscono, ma che non si sono comunque fatti scrupolo di schiacciare come un insetto molesto nella guerra-farsa al “terribile morbo”, applicando al contempo la più subdola delle strategie di marketing per convincere la popolazione a mettersi in fila agli hub vaccinali mostrando come anche i più forti, quelli che più di tutti gli altri sfruttano il loro fisico, quelli che raggiungono successi che sono appannaggio di pochi, sono prontissimi ad iniettarsi lo schifo vomitato dai peggiori interessi di BigPharma.

Mentre per quelli che comunque si ostinano a rifiutarlo?

Ecco allora scattare l’impossibilità di frequentare campi di gioco, piste di atletica, piscine e palestre nonché l’esclusione dalle competizioni il che, per i pochi che hanno saputo resistere al vile ricatto (ancora una volta targato Mario Draghi) si è materializzato con l’estromissione dalla propria squadra, ma anche con la perdita di abilità e doti fisiche raggiunte con il proprio sudore ed una serie infinita di sacrifici e rinunce.

In altre parole una forma di annientamento del tutto simile a quella già scandalosamente adottata contro i lavoratori e che più che colpire l’atleta in sé ha voluto colpire l’uomo, ciò anche grazie alla colpevolissima complicità del CONI e delle Federazioni che gli dipendono, le quali – invece di tutelare come dovevano i loro ragazzi che poi rappresentano il presente ed i futuro dello sport italiano – si sono vigliaccamente allineate ai diktat della dittatura sanitaria ed ai loro immondi kapò, soprattutto nel timore di vedersi tagliati i tanti sovvenzionamenti economici che – proprio da Palazzo Chigi – ogni anno gli provengono.

Una menzione a parte in questa storiaccia di squallidi e collusi demeriti lo meritano poi le società sportive, le quali hanno contribuito in maniera determinante a fare pressing con i propri tesserati affinché finissero anche loro nel più infame e criminale esperimento condotto su scala planetaria.

Non ultimi in tema di responsabilità ci sono poi tutti quei medici sportivi che non hanno battuto ciglio al riguardo, pur sapendo benissimo che non esiste ancora uno straccio di studio sull’effetto che tali “vaccini” possono provocare ai danni d’una fascia di persone che sottopone il proprio corpo a stress importanti nonché ripetuti nel tempo, questo perché lo imponevano i loro Ordini professionali ormai divenuti il braccio armato del potere politico.

Un loop assurdo e folle dunque, dove chi per giuramento (ancor prima che per lavoro) dovrebbe salvaguardare l’integrità degli atleti non l’ha più fatto, andando ad abbracciare tutt’altri interessi nonché abdicando codardamente al suo ruolo, macchiandosi così di omissioni e responsabilità che personalmente non riesco a vedere così diverse da quelle di cui sono responsabili taluni “scienziati della medicina sportiva” (leggasi del doping), anche loro concentrati soltanto tornaconto immediato, anche loro forti di parzialissimi studi probabilmente finanziati dalle case farmaceutiche, anche loro responsabili di troppe premature morti.

Un senso di repulsione a parte lo riservo infine per quei troppi campioni senza alcun valore che si sono prestati nella martellante e violenta azione di propaganda adottata per la pseudo-campagna vaccinale di cui sopra, con quel ridicolo gesto delle dita messe a V sui loro esplosivi deltoidi ed il sorriso da Giuda.

Personaggi che – anche in tale circostanza – si sono più preoccupati di cavalcare la tigre della popolarità (e di conseguenza degli sponsor oltre che del potere), che non di dare un messaggio tragicamente sbagliato alle migliaia e migliaia di ragazzi, molti dei quali sportivi come prima non potranno esserlo mai più.

Quand’ero una giovane e promettente judoka ricordo bene come nella mia palestra fosse presente un quadretto raffigurante tre gradini, dove sul più basso compariva la parola “UOMO”, sul secondo “ATLETA” mentre sul più alto c’era scritto “CAMPIONE”.

Quel quadretto aveva certamente una funzione motivazionale, che simboleggiava ai ragazzi come per raggiungere il punto più alto di quella scala bisognasse prima salire tutti i suoi gradini, ma il suo significato principale ancorché più recondito stava certamente nel fatto che alla base d’ogni campione che possa definirsi tale deve (sempre e comunque) esserci l’UOMO.

Proprio a questi ragazzi vorrei perciò dire che se sono riusciti a conservare la loro dignità di esseri umani prima ancora che di atleti hanno già VINTO, e la loro è una vittoria che nessuno dei “campioni sierati” di cui sopra riuscirà mai ad ottenere perché gli manca un fondamentale; una dote che nessun allenatore potrà mai fargli acquisire e che nessuno sponsor potrà mai pagargli.

Una dote a loro evidentemente sconosciuta e che si chiama CORAGGIO!

di Pamela Testa

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