L'Italia Mensile

Il Golpe Globale, capitalismo terapeutico e Grande reset

Il Golpe Globale di Fusaro racconta minuziosamente e scrupolosamente l’importanza e la gestione dell’emergenza pandemica e della rilevanza strategica di una crisi di portata mondiale.

di Fabio C. Maguire

La lettura dell’opera prescinde dalla comprensione e dall’esplicazione di un concetto, riportato dall’autore con la sintassi di Gramsci, così definita “rivoluzione passiva” ovvero l’idea generale che “il blocco dominante abbia tempestivamente utilizzato l’emergenza come via privilegiata per una riorganizzazione complessiva delle strutture portanti del modo di produzione” e quindi “una svolta in senso verticistico che si inserisce nel più generale quadro della lotta di classe”, consentendoci di comprendere che il paradigma di lotta non è mutato e che “il dispositivo della crisi consente di naturalizzare un aggressione intenzionale” dei padroni ai danni del polo
degli sfruttati.

Seguendo la narrazione ci viene esposto il “capitalismo dei disastri”, ossia “la duplice tendenza del mondo capitalistico” di creare e generare catastrofi, di qualsiasi tipo e in qualsiasi contesto e volgerle a loro favore, rispondendo puntualmente con le “solite soluzioni”, ovvero la compressione e la limitazione dei diritti e delle libertà fondamentali dell’uomo e la velocizzazione dei processi di sovranazionalizzazione e privatizzazione dei beni.

L’autore, supportato dalla sinergia e dallo studio di altri scrittori e pensatori, sviluppa il concetto di paradigma biosecuritario e come nella lotta al terrorismo, così nella guerra contro il virus e il nemico invisibile (il malato asintomatico), si giustifica l’adozione di provvedimenti liberticidi e repressivi che intaccano e compromettono i regolari processi parlamentari e la strutturazione democratica del governo, imponendo quel decisionismo politico che “non può permettersi sterili polemiche partitiche e discussioni parlamentari democratiche che vagliano le differenti soluzioni possibili” con la conseguente neutralizzazione delle alternative, come esposto dal celeberrimo teorema della Thatcher: “there si no alternative.”

Questi strumenti di sorveglianza e controllo non potrebbero essere applicati in un contesto di normalità e stabilità e verrebbero fortemente contestati e criticati; da qui la necessità di un contesto emergenziale in grado di giustificare e consentire l’utilizzo di queste tecniche coercitive e costrittive, presentante inizialmente come provvisorie e salvifiche e destinate poi a perdurare nel tempo, vedi l’ultra sorveglianza post Twins Towers o la campagna restrittiva e speculativa a seguito della crisi finanziaria del 2007.

Quella che Fusaro pone non è una critica alla scienza o al virus, ma contesta il fatto che non si possono in nome di questi sopprimere i diritti fondamentali dell’uomo e le sue libertà per mezzo di politiche liberticide e distruttive.

Colpisce nell’esposizione come queste tecniche non solo vengano accettate bensì richieste e volute dalla massa sconvolta e impaurita, priva di spirito critico e vittima di un’afasia totale, che per mezzo del “peggiore scenario” proposto e del terrorismo mediatico, stile bollettino di guerra, si paralizza e acconsente di “cedere quote della propria di libertà”, in nome di una sicurezza inesistente.

Dallo studio della crisi pandemica quelli che si va a delineare è un nuovo paradigma di governo delle cose e delle persone che vede plasmare le dinamiche inerenti alla politica, alla società e all’economia.

L’instaurazione di una nuova normalità e di un mondo diverso da quello fino ad oggi conosciuto è l’obbiettivo primario del blocco dei plutocrati neoliberali che all’incontro a Davos, nei giorni del Word Economics Forum, definiva la crisi come una “piccola finestra di opportunità” che consentisse il potenziamento “a una nuova e più radicale figura del capitalismo.”

In questa ottica viene inserito il teorema del Great Reset inteso come “un prolungamento del vecchio mondo, riorganizzato ma sempre in coerenza con i fondamenti della civiltà del capitale.”

Agli albori dell’emergenza epidemica la lotta contro il virus ci venne presentata come collettiva e plurale, come una presenza ostile che ci raggruppava e riuniva tutti sulla “stessa barca” e che la vittoria contro il nemico invisibile avrebbe richiesto la partecipazione e la cooperazione di tutti con il conseguente sacrifico di ogni singolo cittadino.

Il discorso politicamente corretto è “falso e gravido di ideologia” perché, trovandoci di fronte ad una ristrutturazione del sistema capitalistico, Marx insegna che “il capitale è una relazione intrinsecamente asimmetrica tra uomini mediata dalle cose” e con ciò abbiamo assistito come il trionfo “dei gruppi dominanti dell’e-commerce e del web, della finanza e del Big Pharma si regge sull’immiserimento del polo dominato.”

Quello che si materializzò fu la più spietata offensiva e politica classista del “patriziato globalista” ai danni di una classe lavoratrice oramai devastata e annichilita che ha visto perdere ogni stabilità e sicurezza sociale differentemente dai grandi “magnati”, così definiti dal circo mediatico, che videro i loro profitti aumentare ed accrescere in maniera esponenziale, finanziando e incoraggiando la “neoistituita contactless society.”

“La open society del capitalismo del libero consumo si capovolge nella locked down society del nuovo capitalismo terapeutico.”

Ogni paese ha adottato un iter differente per adempiere ed ottemperare agli obbiettivi imposti dalle elites mondiali.

Nei singoli governi abbiamo osservato come la classe politica sia stata eliminata e rimpiazzata da una cerchia di esperti e tecnici, dando vita alla così detta “tecnocrazia” ovvero al controllo e alla gestione del potere da parte di medici e dottori mai eletti e voluti in rappresentanza del popolo.

Nel nuovo ordine terapeutico, “il discorso del medico viene utilizzato in senso ideologico: come copertura legittimante di una riorganizzazione generale della società.”

Lo scrittore procede mettendo in discussione tutti quei provvedimenti e mezzi utilizzati in questa nostra nuova guerra, quali il lockdown, il distanziamento sociale, le mascherine (nuova uniforme del regime tecnocapitalista) e lo squallido e infame green pass che ha condotto l’Italia all’apartheid sanitario.

Fusaro conclude affermando che la parola chiave “al nuovo capitalismo terapeutico” è il “dissenso” inteso come “decostruzione della narrazione, astrattamente scientifica e concretamente ideologica, di riappropriazione degli spazi e come arma critica.”

Un dissenso che sia inizialmente intellettuale e culturale e che possa gettare le basi per la “costruzione di un soggetto rivoluzionario che si batta per la conquista della sovranità popolare come base di una democrazia socialista.”

Il filosofo avverte che più forte e partecipato sarà il dissenso e più forte sarà il pugno del potere ma mai e poi mai il tricolore della libertà smetterà di sventolare.

Non solo un libro, ma un vero manuale di formazione per ogni resistente.

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