L'Italia Mensile

I prigionieri palestinesi

di Fabio C. Maguire

Mentre il genocidio a Gaza prosegue impunemente, il Fronte Nazionale Ebraico, un partito politico israeliano, ha avanzato una proposta di legge per l’introduzione della pena capitale per i prigionieri palestinesi.
Itamar Ben Gvir, Ministro della Sicurezza Nazionale e leader del partito, ha presentato una bozza di legge al Knesset, il Parlamento ebraico, che dovrà essere a breve valutata e discussa dal Comitato di Sicurezza Nazionale.

Il Ministro israeliano ha dichiarato che “la legge sulla pena di morte non è più una questione di destra o sinistra, è una legge morale ed essenziale per lo Stato d’Israele.”
Il progetto di Ben Gvir non ha incontrato opposizione in sede parlamentare, riscontrando per anzi grande popolarità e sostegno dall’intera classe politica israeliana.

Nelle prigioni attualmente sono detenuti oltre 6.000 palestinesi, di cui circa 300 bambini e 150 donne.
Dal 7 ottobre sono stati arrestati altri 2.200 palestinesi, un’ondata di detenzioni arbitrarie, citando Amnesty International, che stanno esponenzialmente crescendo con l’avanzata delle operazioni militari lungo la Striscia di Gaza.
I palestinesi vengono sovente lasciati senza processo, e inverosimilmente anche senza un’accusa precisa e “in buona parte a seguito di ordinanze di detenzione amministrativa che possono essere prorogate per un tempo indeterminato.”

Amnesty International, in un suo documento, scrive che “la detenzione amministrativa prevede che un individuo sia detenuto sulla base di motivi segreti di sicurezza, i quali non possono essere sottoposti a ricorso.”
Così viene violata la garanzia di un giusto processo che il diritto internazionale prevede per ogni persona privata della propria libertà.

Inoltre, ai prigionieri viene impedito di poter incontrare i propri difensori o parenti, anche nel caso in cui il detenuto si trovi in una condizione clinica precaria.
Ad esempio Walid Daqqah, arrestato il 7 ottobre, è un prigioniero malato terminale che, come riferisce sua moglie Sanaa Salameh, non è in grado di poter contattare i propri familiari o legali, i quali non hanno notizia circa il suo stato di salute da oltre un mese.

Infine, “il sistematico uso della detenzione amministrativa è un modo per perseguitare i palestinesi anziché una misura preventiva di natura straordinaria e selettiva”, a cui va aggiunto l’uso indiscriminato della tortura per estorcere ai prigionieri informazioni con rapidità e risolutezza.

Se la legge sulla pena capitale dovesse essere approvata, le condizioni di vita dei prigionieri palestinesi si aggraverebbero ulteriormente.
Israele è un paese brutale, un vero laboratorio di disumanità e crudeltà.

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