L'Italia Mensile

I Grandi Mali

Io ritengo che i grandi mali del sistema giudiziario penale in Italia siamo molto diversi da quelli che vengono da sempre diagnosticati e che questo non siano i veri mali e’ dimostrato dal fatto che tutti i rimedi che sono stati escogitati ed introdotti a livello legislativo ed operativo non solo non sono serviti mai a niente ma hanno determinato fatalmente l’aggrabamento della situazione,non solo dal punto di vista della durata dei processi ma, ed è quel che più conta,da quello della giustezza sostanziale delle decisioni.
Non sono mancate le occasioni nelle quali ho manifestato la mia opinione su quelli che considero i grandi mali, le patologie sistemiche del processo penale italiano.

Detto in rapidissima sintesi, perché e’ mio interesse sviluppare altre tematiche, ritengo che occorra spezzare il cordone ombelicale che lega polizia e pubblico ministero nel radicale senso che le indagini, senza alcuna interferenza della magistratura,siano condotte e completate solo dalla polizia, controllata da un giudice, e che il ruolo dell’accusa debba essere esercitato dall’Avvocatura dello Stato, onde liberarsi del terzo incomodo che serve solo a fare indagini e processi se,come e quando vuole lui.

In secondo luogo, bisogna farsi consapevoli che l’esperienza imposta dalla Costituzione per cui i giudici le deve nominare e pagare lo Stato, si è rivelata una catastrofe per come dimostrato dallo stato comatoso da almeno trenta anni della giustizia penale.

I magistrati dello Stato e pagati dallo Stato fanno l’interesse dello Stato e non fanno quello dei cittadini.

E’ necessario eliminare dalle aule di giustizia i giudici statali e sostituirli con le giurie popolari.

L’operazione deve essere condotta con grande sapienza e con gradualità, e’ la chiave di volta per ina sostanziale e radicale rivoluzione del sistema.

Basti pensare che non esisterebbe più il problema della separazione delle carriere perché i giudici popolari, finito il periodo di applicazione,se ne tornano a casa; e che la riforma comporterebbe la eliminazione del grado di appello essendo regola che le decisioni dei giudici popolari non possono, salvo situazioni particolari,essere rivalutate da altra giuria popolare,rimando necessaria solo una revisione dal punto di vista della osservanza della legge.

Ma tutte queste cose esigono tempi lunghi riforme costituzionali formazione di una adeguata mentalità tra i cittadini e gli studiosi, mentre lo stato agonico del nostro sistema giudiziario e delle nostre carceri esige interventi immediati che dovrebbero essere effettuati avendo un disegno strategico che consideri le cose che ho fin qui detto.

Come e’ noto, da tempo si parla della riforma Cartabia dal nome dell’attuale ministro della giustizia.

E’ una autentica tragedia perché, sia per la parte già attuata sia per quella che entro l’anno dovrebbe e purtroppo entrerà in vigore, tutto, a cominciare dai tempi che si era inteso di abbreviare,si è invece appesantito e soprattutto le innovazioni più importanti sono sta apportate all’insegna di un solo motivo ispiratore che può individuarsi sinteticamente nella concezione per la quale il processo penale e’ un agguato, in attacco contro il cittadino così da trasformarsi il sistema penale in uno strumento facilmente capace di evolversi in una persecuzione penale, della quale, come dicevo prima, solo una magistratura dello Stato e pagata dallo Stato, potrebbe essere fedele interprete. L’operazione e’ stata condotta favenfi leva sul diritto di difesa, mettendosi sotto i piedi il principio costituzionale della inviolabilità del diritto di difesa, l’unico diritto che non soffre eccezioni per consentire al cittadino di fronteggiare sempre e comunque l’attacco dello Stato su diritti di libertà del cittadino.

Nel processo di primo grado,dove l’udienza preliminare e’ stata estesa ai procedimenti in cui opera il giudice monocratico,così raddoppiando i tempi di durata dei giudizi invece di diminuirli,si tratta di un passaggio obbligato che si sarebbe dovuto sfruttare per rendere possibile finalmente all’imputato,che, se non va in galera, in custodia cautelare,può persino ignorare di essere sotto processo,di difendersi al fine di essere subito assolto piuttosto che andare a finire in un interminabile dibattimento.

Ed invece,non soltanto si è determinato un allungamento dei tempi processuali,ma il passaggio per questa udienza e’ lungo,formale ma non serve a niente perché non permette all’imputato di svolgere alcuna attività difensiva a dimostrazione della sua innocenza.

I dibattimenti, poi, dominati dalla prevaricazione dell‘accusa rispetto alla difesa fortemente permessa e sostenuta dai giudici,per essere pubblici ministeri e giudici tra loro colleghi e sodali schierati contro l’avvocatura,il disordine,che si traduce nel dramma della sentenze sbagliate, aberranti,spesso inspiegabili, tema sul quale mai ci si sofferma,regna sovrano perché i giudici non rispettano mai o quasi mai il ruolo che ad essi assegna la legge è cioè di garanti della legalità della prova la cui assunzione spetta solo alle a parti, attendendo sistematicamente al loro inquinamento,imponendo perenne ostruzionismo in modo da determinare soprattutto le prove testimoniali nella direzione della convinzione che si forma nella mente del giudicante,spesso non conforme a realtà, con l’aggiunta di un altrettanto sistematico favoritismo per le prove introdotte dall’accusa. La riforma,poi,interviene pesantemente sul regime delle impugnazioni,appelli e ricorso per cassazione.

La parola d’ordine è terrificante ed essa si articola in due direzioni. Anzitutto,proporre una impugnazione si è trasformato in una corsa ad ostacoli a cagione delle forme e dei modi complicati in cui le impugnazioni devono essere presentate e tra le cose buone che vi erano nel precedente systema per il quale l’imputato poteva personalmente presentare l’appello o il ricorso per cassazione tutto ciò è stato abolito con grave danno sostanziale per gli imputati poveri che così supplivano alla impossibilità economica di avvalersi di un avvocato. In secondo luogo e soprattutto,la grande riforma delle impugnazioni ha il suo epicentro nella espulsione degli avvocati dalla trattazione della causa.

La riforma, infatti,ha come principio generale che, una volta presentato l’appello o il ricorso per cassazione,la trattazione della causa e’ cosa che non riguarda l’imputato ma è solo cosa del giudice. E ‘ il giudice che stabilisce se debba o non debba essere chiamato l’avvocato perché esponga le ragioni dell’imputato e solo se l’avvocato chiede che la causa sia trattato in pubblica udienza,come sempre avveniva prima,potrà ancora verificarsi. Ed ognuno comprende come si sia così ridotto il processo penale ad in qualsiasi affare burocratico dove non allocano diritti e dove la dimensione umana della vicenda e della persona dell’imputato non conta più niente.

La riforma Cartabia e prima di essa la riforma Orlando,avevano dedicato una certa attenzione alla questione carceraria e alcune innovazione avevano meritato una qualche giusta approvazione come la applicazione delle misure alternative in sede di sentenza di primo grado,così ovviando alle scandalose gestioni dei tribunali fu sorveglianza, ideologicamente tutti orientati a favore della galera come discarica pubblica dei cittadini che danno fastidio,siano colpevoli o innocenti;come l’ampliamento dei casi cui far seguito con le misure alternative; come la introduzione di nuove misure alternative;come l’accelerazione dei tempi procedurali insieme all’incremento dei poteri degli uffici di esecuzione estera.

Fu tutti ciò però non si è più parlato e le carceri continuano essere il terreno dimenticato di qualsiasi riformatore,anche se è doloroso dover affermare che,con questo modo di innovare che si traduce ne peggio di prima,si è costretti ad auspicare che meglio sia non intervenire. Anche perché deve essere chiaro che una qualsiasi riforma delle carceri passa per uno snodo essenziale,altrimenti tutto è inutile.

Non devono esistere reati ostativibefbik famigerato articolo 4bis dell’ordinamento penitenziario deve essere abrogato.Nel carcere,essendo principio costituzionale quello della restituzione alla società dei cittadini che abbiano sbagliato,entra la persona e non il reato e fino a quando questo cardine della moralità e della civiltà giuridica non diverrà legge dello Stato,ogni intervento sulle carceri nascerà limitato e deleterio.

Ci attende un grande lavoro che esige senso di responsabilità,spirito umanitario,equilibrio nel giudizio sui valori,rispetto della persona,un concetto della giurisdizione che implichi una elasticità tale da essere capace di ricomprende persino la logica della misericordia perché troppe,diuturne,angoscianti sono le situazione che mostrano una giurisdizione lontana dalla specifica realtà in cui e’ costretta a calarsi ed incapace di interpretare la drammaticità dei contesti in cui e’ destinata a produrre i suoi effetti spesso devastanti. Non per questo,io ritengo,la giurisdizione perderebbe la sua caratura di laicità.

di Carlo Taormina

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