L'Italia Mensile

Hiroshima 1945.

di Fabio C. Maguire

Quando l’esercito statunitense bombardò Hiroshima con un ordigno nucleare l’Impero del Sol Levante era prossimo alla resa.
Le capacità militari del Giappone erano state annientate da anni di scontri e dall’incessante aggressione degli Stati Uniti nel Pacifico.
La vittoria era vicina ma a Washington non sarebbe bastato un semplice, seppur schiacciante, successo, serviva qualcosa che avrebbe dovuto rimarcare la superiorità e il potere della potenza americana.
La distruzione di Hiroshima e Nagasaki, irrilevante da un punto di vista militare, fu esclusivamente una dimostrazione di forza nei confronti dei suoi alleati, come ovviamente un atto di punizione ed umiliazione per l’Impero nipponico.

Nell’agosto del 1945 due bombe all’uranio colpirono due città giapponesi, provocando la morte di circa 70.000 persone ad Hiroshima e circa 50.000 a Nagasaki.
Non sono calcolabili le vittime che ne conseguirono a causa delle radiazioni, si stima superino le 200.000 unità.
Per la prima volta nella storia furono utilizzate armi nucleari che devastarono e cancellarono dalla faccia della terra due città.
Questo mostruoso attacco fu un massacro di innocenti, un crimine contro l’umanità per cui però gli Stati Uniti non ne furono ma chiamati a rispondere.

Da qui ne conseguì la politica militarista e suprematista americana che avrebbe soggiogato popoli e paesi per i futuri settant’anni.
Gli Stati Uniti sarebbero diventati una potenza preponderante, “non esserlo avrebbe significato scegliere la sconfitta.”
Preponderante fu un termine che entrò, dopo l’agosto dell’45, nel formulario degli strateghi statunitensi.
E proprio per la sua superiorità incontrastata nessuno fu mai accusato di aver deliberatamente assassinato centinai di migliaia di innocenti e provocato una delle più grandi catastrofi della storia.
Molti esperti e scienziati americani furono contrari all’impiego di questi esplosivi, come il fisico Leo Szilard.

“Se i tedeschi avessero gettato bombe atomiche sulle città al posto nostro, avremmo definito lo sgancio di bombe atomiche come un crimine di guerra e avremmo condannato a morte i tedeschi colpevoli di questo crimine a Norimberga e li avremmo impiccati”.
Da Washington non ci fu mai un segno di pentimento o rimorso, sembra come se questa carneficina non fosse mai avvenuta.

Neanche il Giappone, che dopo la resa si trasformò in uno Stato vassallo dell’Impero yankee, ricorda i colpevoli del disastro.
Il Primo Ministro, Fumio Kishida, e il sindaco di Hiroshima, Kazumi Matsui, sono intervenuti alla cerimonia per la 78° ricorrenza del bombardamento atomico della città.
Nessuno ha mai menzionato i nordamericani, seppur loro furono gli unici artefici della strage.
I leader giapponesi hanno largamente mancato di rispetto ai caduti e alle vittime della strage, a chi soffrì tremendamente per le brutalità americane.

Anche il Presidente delle Nazioni Uniti, nel discorso commemorativo, non ha minimamente citato gli Stati Uniti, come se quelle bombe, il 6 e il 9 di agosto 1945, caddero dal cielo all’improvviso senza nessuno che le comandasse.
Hiroshima e Nagasaki sono le immagini rappresentative del potere statunitense.

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