L'Italia Mensile

Dove andava il grano ucraino?

di Fabio C. Maguire

E mentre la Meloni manifesta la sua indignazione per la decisone della Federazione Russa di non rinnovare l’accordo sul grano, il Presidente Vladimir Putin si è spiegato sull’iniziativa del Mar Nero in un incontro con i rappresentanti del governo.
In sintesi, l’Ucraina ha prodotto circa 55 milioni di tonnellate di cereali.
Le sue esportazioni ammontavano a 47 milioni di tonnellate, di cui 17 milioni di grano.
La Russia ha prodotto nella passata stagione 156 milioni di tonnellate di cereali, esportandone 60 milioni, di cui 48 milioni di grano.

La produzione di grano della Federazione Russa rappresenta il 20% del mercato mondiale differentemente dall’Ucraina, la cui quota equivale ad una percentuale inferiore al 5%.
Secondo le presenti informazioni, le dichiarazioni secondo cui il grano ucraino sfami oceani e continenti, e che Putin stesse causando carestie e miseria, sono semplicemente speculazioni e menzogne.
Propedeutico alla propaganda del regime è dipingere la realtà in modo completamente diverso, facendo intendere che il Presidente Vladimir Putin, con la sua “scellerata ed illogica scelta” di non prorogare l’accordo, sarà a breve il responsabile di una delle più grandi penurie alimentari della storia, provocando crisi ed insufficienze alimentari, di cui le conseguenze ne pagheranno principalmente i paesi del sud globale.

Ma anche la retorica umanitaria è una sporca ipocrisia.
Infatti, le statistiche evidenziano come le esportazioni di grano dell’Ucraina non abbiano seguito le direttrici commerciali che i documenti del cosiddetto “affare del grano” avevano individuato.
Kiev ha esportato complessivamente 32,8 milioni di tonnellate di derrate alimentari, di cui però circa il 70% è stato destinato a paesi ricchi, economicamente stabili e potenzialmente capaci di sostentarsi.
Ad aver fatto un ottimo affare sono stati i paesi dell’Unione Europea, a partire dalla Spagna, acquirente di ben 6 milioni di tonnellate, seguita orgogliosamente dall’Italia, 2,06 milioni di tonnellate, dall’Olanda, 1,9 milioni di tonnellate.
Ma anche la Turchia, di cui dell’accordo ne è stata anima e corpo, ne ha tratto ingenti guadagni, assicurandosi ben 3,24 milioni di tonnellate, per poi passare alla Cina, maggior compratore con ben 7,96 milioni di tonnelate di grano acquistato.

La quota destinata a paesi come Etiopia, Sudan, Somalia, Afghanistan, Yemen, dove ricordiamo si è registrata, per causa delle guerre di dominio americane, una delle più grandi carestie dell’ultimo secolo, è stata inferiore al 3% del volume totale, esattamente meno di 1 milioni di tonnellate.

E intanto, mentre si spartivano carichi destinati a paesi bisognosi, i paesi europei contribuivano a violare l’accordo di Ankara, impedendo ed ostacolando il transito gratuito di fertilizzanti minerali russi.
Delle 262.000 tonnellate di fertilizzanti bloccate nei porti europei, solamente due spedizioni sono state effettuate, rispettivamente in Malawi, 20.000 tonnellate, e in Kenya, 34.000 tonnellate.
Le restanti quote del carico sono tutt’ora nelle mani degli europei.

La Russia ha fatto sapere di non essere in disaccordo sull’intesa, considerando specialmente la sua importanza per il mercato alimentare mondiale.
Una ripresa dell’accordo sarà possibile ma solo a patto che le preoccupazioni di Mosca vengano pienamente prese in considerazione e, soprattutto, attuate.

Una seconda condizione per il ritorno della Federazione Russa all’iniziativa dovrà essere il ripristino della sua originaria essenza umanitaria.

La Russia ha comunque, nei scorsi giorni, informato che consegnerà gratuitamente, in caso di mancato rinnovo, scorte di grano ai paesi bisognosi del Terzo Mondo.

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