L'Italia Mensile

Armenia e Azerbaigian: le tensioni e la svola occidentale.

di Fabio C. Maguire

L’Armenia condurrà delle esercitazioni militari con gli Stati Uniti, mentre le relazioni con la Russia si stanno ulteriormente deteriorando.
Il Presidente armeno Nikol Pašinjan, infatti, sta orientando clamorosamente la politica estera del paese in direzione dell’Occidente.
Erevan sta cercando sostegno e protezione, in particolare dopo le crescenti tensioni nel Nagorno-Karabakh.
Questa è l’ennesima faida irrisolta che si è sviluppata a seguito della dissoluzione dell’Unione Sovietica nel 1991.
La regione si trova formalmente sotto il controllo di Baku, all’interno dei confini dell’Azerbaigian ma è popolata da una maggioranza armena.
Nei decenni successivi, caratterizzati da aspri scontri e degenerati a causa della rivalità etnico-religiosa, la regione si è autoproclamata indipendente nel 1992, dando vita alla Repubblica dell’Artsakh.

La Russia ha svolto un ruolo cruciale nel prevenire gli scontri e nel mediare una soluzione diplomatica, specialmente nel 2020, quando si è fatta promotrice di un accordo trilaterale che ha garantito il cessate il fuoco nella regione.
Adesso, l’Armenia, partner storico della Russia, sta accusando Mosca di inattività e di inazione, criticando la missione di pace del contingente russo a difesa degli armeni dell’Artsakh.
Nel dettaglio, la Federazione Russa non avrebbe reagito al aggravamento del blocco imposto dalle autorità azere al corridoio di Lacin, che interrompe le comunicazioni tra la Repubblica dell’Artsakh e l’Armenia.
Nel 2020, l’accordo mediato da Mosca aveva inoltre previsto che il corridoio fosse utilizzato per consegnare aiuti umanitari alla comunità armena della regione ma, secondo Baku, Erevan non avrebbe rispettato le clausole del contratto, consegnando alla Repubblica materiale non contemplato nel documento.
Il Presidente armeno, in cerca di sostegno, aveva sbrigativamente telefonato a Macron, Scholz, Blinken, Raisi e Garibašvili, senza però interpellare Putin.
Successivamente Erevan aveva ritirato il suo delegato dal ODKB e optato per una missione di pace dell’Unione Europea.

Sono state poi annunciate le esercitazioni congiunte con Washington, nell’ambito dell’operazione “Eagle Partner 2023”, e una prossima partecipazione dell’Armenia alle imponenti esercitazioni militari che si terranno nel 2024 in Europa.
Sempre Erevan, poche settimane addietro, ha consegnato a Kiev apparecchiature elettroniche attraverso una visita della consorte del Presidente armeno.
La Russia non vuole ovviamente abbandonare il Caucaso meridionale, un’area strategica per la ricchezza del suo sottosuolo, ma sembra che sia l’Occidente a voler irrompere nella regione attraverso manovre diplomatiche per compromettere il ruolo della Federazione Russa e obbligarla a sloggiare.

Il Presidente Putin aveva concordato con Pašinjan e Aliev di istituire una commissione ad hoc per la de-militarizzazione del confine azero-armeno, mentre nell’autunno del 2022, i suddetti aveva ribadito l’impegno a una linea pacifica nei rapporti Baku-Erevan.
Un ulteriore incontro si era svolto quest’anno con il Presidente Putin che aveva incontrato, a giugno, il suo omologo armeno.
Ma l’influenza occidentale sta aumentando e Parigi ha manifestato un vivo interesse per la regione.

Infatti, la zona interessato è ricca di gas naturale e petrolio e, vista la disfatta dell’Occidente in Africa, Parigi e Washington potrebbero restituire il favore alla Russia, aumentando ed inasprendo le rivalità locali così come il sentimento anti-russo attraverso una narrazione non veritiera dei fatti.
Parlare di un secondo fronte potrebbe essere prematuro, ma il costante movimento di forze e mezzi azeri verso il confine armeno non lasciano presagire un epilogo silenzioso.
L’Iran anche si è visto coinvolto, schierando l’esercito al confine con i due paesi in stato di massima allerta.

Teheran, nonostante la mobilitazione, persegue una strada diplomatica, infatti, recentemente, il Ministro degli Esteri iraniano avrebbe incontrato la sua controparte turca ed azera nel tentativo di prevenire un ennesimo scontro armato nella regione.

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